Quasi tutti gli studiosi sostengono che uno dei primi
utilizzi della polvere pirica a fini
spettacolari si ha nelle Sacre Rappresentazioni. Lo scopo di
questi spettacoli era di
commentare e di illustrare al popolo il significato di
eventi sacri e motivazioni
teologiche così da avere dal teatro elementi di meditazione
ed edificazione spirituale.
Spesso nella struttura del dramma sacro si prevedeva
l'allestimento di una zona che
simulasse l'inferno, e proprio nella sua realizzazione
scenografi e macchinisti si
sbizzarrivano nell'uso di sostanze pirotecniche per creare
effetti davvero speciali:
fiamme, forti bagliori, fumi, saette e tuoni. Nel 1379 a
Vicenza in occasione dell'Ascensione viene messo in
scena il volo della colomba: un fuoco sulla corda che
dalla torre del Palazzo vescovile vola verso l'effigie di
Maria e degli apostoli
celebrando la riconciliazione tra Scaligeri e Visconti.
Furono gli artificieri militari che utilizzavano la polvere
nera per solennizzare le feste
e le ricorrenze civili e religiose ma solo più tardi i
fuochi di artificio si arricchirono di
uno strumento essenziale per la creazione di tutta la
pirotecnica moderna: il razzo.
Importato in Europa dalla Cina era costituito da un cilindro
di cartone, chiuso
anteriormente da un cono con punta metallica e da un ugello
nella parte posteriore. Il
cilindro era legato ad un'asta di legno sottile che gli
permetteva di mantenere una
direzione costante mentre il propellente era composto,
ovviamente, da polvere pirica.
Ma questi razzi non raggiungevano grandi altezze, resi
pesanti dalla cartapesta e dal
legno utilizzati per raffigurare animali o personaggi
grotteschi, e non possedevano
molta autonomia.
Draghi volanti, macchine da festa, barche sono testimonianze
che provengono
dall'uso bellico della pirotecnica. E’ interessante un
manoscritto del 1420
dell'ingegnere italiano Giovanni de Fontana conservato nella
Biblioteca Nazionale di
Monaco opera, dove sono descritti apparecchi da guerra di
ogni forma e
destinazione, tra questi c’è una "lanterna magica"
che teoricamente avrebbe dovuto
proiettare terribili demoni tali da costringere i nemici
alla fuga. Altro disegno
rappresenta un congegno semovente, anch'esso destinato a
terrorizzare i possibili
invasori, raffigura una strega con ali da pipistrello dove
due razzi, disposti
lateralmente alla testa, avrebbero creato un movimento
oscillatorio, mentre un
complicato sistema di funi tiranti comandate a mano determinava
un movimento
sincrono delle braccia, ali, coda e corna. Per aumentare
l'aspetto "agghiacciante" del
personaggio una candela accesa trovava posto all'interno
volutamente cavo. Gli
studiosi vogliono vedere in questa idea due importanti
novità: “l'utilizzo della
propulsione del razzo come energia cinetica e l'elemento
scultoreo, ambedue sfruttati
nelle meravigliose macchine pirotecniche rinascimentali”.
Le prime fabbriche di fuochi pirotecnici a scopo di
spettacolo sorsero in Germania
tra il 1340 e il 1348 ad Augsburg, Spandau e a Liegnits.
Un buon numero di manoscritti di Norimberga compilati
intorno alla metà del
seicento, registrano una manifestazione di fuochi
pirotecnici rudimentali chiamati
Schembart, negli ultimi tre giorni di carnevale di questa
festa si hanno notizie fin dal
1449.
Dalla semplice struttura a forma di ruota che scoppiando
girava velocemente creando
cerchi di fuoco a vere e proprie macchine sceniche che per
la loro costruzione
venivano chiamati architetti di grido di quel tempo. In
tutte le grandi città italiane lo
spettacolo del fuoco si diffondeva e attirava l'attenzione
degli organizzatori, degli
appassionati e degli artisti.
Originariamente il termine pirotecnica aveva il significato
più generale di “tecnica di
lavorazione mediante il fuoco” e in questa accezione lo usò
il senese Vannoccio
Biringuccio, alchimista-chimico vissuto tra il 1480 e il
1539,43 il quale, nel trattato De
la pirotechnia libri X (1540), si occupava di quelle che
oggi si chiamano metallurgia e
chimica industriale. Fra gli argomenti erano infatti
l'estrazione e la fusione dei metalli,
la fabbricazione del vetro, la preparazione di miscele
esplosive. In particolare,
essendo allora in uso che gli artificieri (cioè gli addetti
alla preparazione delle cariche
di lancio delle artiglierie) si occupassero anche della
confezione degli “artifici”
luminosi che movimentavano i festeggiamenti delle battaglie
vittoriose, Biringuccio descrive
minuziosamente il modo di fabbricare tali artifici, a
complemento della
descrizione dei modi di fabbricare le polveri da sparo e le
bocche da fuoco. La sua
intitolazione non deve ingannare o portare a ritenere che
parli solo di fuochi
d'artificio. Infatti, Biringuccio, solo nel decimo ed ultimo
libro parla di pirotecnica in
senso stretto, ed in particolare della fabbricazione del
salnitro e della polvere da
sparo, di esplosivi, di girandole e fuochi artificiali.
Nel corso di tutto il cinquecento il libro "De
Pirotechnia" del senese Vannoccio
Biringuccio fu oggetto di varie riedizioni e di traduzioni
in francese, inglese,
spagnolo.
Un altro importante trattato venne pubblicato a Norimberga,
città nella quale l'arte
pirotecnica primeggiava, da un certo Schmidlap nel 1591.
Fonte: Gabriele Tradio
Fonte: Gabriele Tradio
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