L'arte della pirotecnica è sicuramente molto ammirata, ma la
sua storia è altrettanto poco conosciuta. Tutte le altre arti si basano su
teorie, osservano delle regole ed hanno una storia ben definita. I fuochi
d'artificio avanzano nel tempo in silenzio, quasi senza storia, conosciuti solo
dagli estimatori e dagli sparatori, i cui segreti, teorie, regole e mestiere
sono conservati con riserbo all'interno delle singole fabbriche.
La scoperta della polvere da sparo, o polvere pirica, che
nel corso dei secoli ha dato vita alla pirotecnica, è riconducibile ai Cinesi,
come testimoniano alcuni manoscritti di alchimisti, databili intorno
all'Vlll-IX sec. d.C., per quanto le prime composizioni incendiarie nelle quali
era presente lo zolfo, erano già note agli Assiri ed agli Egiziani.
La sua iniziale diffusione fu molto contenuta e limitata,
prevalentemente, a scopi militari, sotto forma di razzi
incendiari da scagliare contro gli eserciti avversari.
incendiari da scagliare contro gli eserciti avversari.
Il monaco e filosofo inglese Ruggero Bacone, nel 1268, fu il
primo a dare la formulazione della composizione della polvere nera.
La miscela della polvere era costituita da: 7 parti di
salnitro (40%); 5 parti di carbone di legna (30%); 5 parti di zolfo (30%),
formula questa, ancora oggi, rimasta inalterata negli elementi di composizione,
seppur diversa nei dosaggi.
Un altro monaco tedesco, Berthold Schwartz, soprannominato
"l'artista nero", solo più tardi, nel 1353, verificò durante alcune
sue sperimentazioni il maggiore sviluppo energetico della miscela baconiana, se
compressa in pareti chiuse. L'apporto e le esperienze dei monaci sopracitati
furono di riferimento per un gran numero di studiosi e scienziati , tanto che
l'Europa da quel momento detenne il primato ed il monopolio della pirotecnica.
Successivamente, gli usi della rivoluzionaria composizione
furono introdotti anche in campo civile e sociale, dando vita ai cosiddetti
"fuochi di gioia o fuochi di allegrezza", antesignani di quelli che
oggi chiamiamo, comunemente, fuochi artificiali.
In Italia, le prime notizie della polvere per usi sociali
risalgono al periodo tardo medievale, con le "Sacre
Rappresentazioni", genere teatrale a sfondo religioso, diffuso in
particolare in Toscana, le cui scenografie comprendevano effetti speciali che
simulavano incendi,scoppi, bagliori, lampi e tuoni. Da allora, le guarniture
pirotecniche divennero parte integrante di tutte le principali rappresentazioni
scenografiche allestite quali: episodi e scene di vita di personaggi in vista;
celebrazioni di matrimoni e nascite; rappresentazioni teatrali popolari, in
particolare, il filone della "Commedia dell'Arte".
La ricerca e la sperimentazione tecnica fu rivolta,
tuttavia, ad ottenere delle miscele in grado di assicurare delle gittate
maggiori e più efficaci, poiché, negli ambienti esterni, il razzo costituiva il
manufatto attraverso cui realizzare giochi pirici, che spesso, risultava
appesantito dai materiali occorrenti per l'effetto scenico.
L'interesse per la pirotecnia fu accompagnato,altresì, da
una significativa proliferazione di testi e scritti che funsero da veicolo e
trasmissione delle varie esperienze maturate. La Pirotechnia di Vanoccio
Biringuccio, nato a Siena nel 1480 e morto a Roma nel 1537, è il primo trattato
che si occupa di tecnica pirotecnica per le attività minerarie, la metallurgia
e la chimica applicata. Fu pubblicato a Venezia nel 1540, dopo la morte del
Biringuccio, e nel corso di tutto il cinquecento fu oggetto di varie riedizioni
e di traduzioni in francese, inglese, spagnolo.
Il trattato è costituito da dieci libri e la sua
intitolazione non deve ingannare o portare a ritenere che parli solo di fuochi
d'artificio.
Infatti, Biringuccio, solo nel decimo ed ultimo libro parla
di pirotecnica in senso stretto, ed in particolare della fabbricazione del
salnitro e della polvere da sparo, di esplosivi, di girandole e fuochi
artificiali.
Un altro importante trattato venne pubblicato a Norimberga,
città nella quale l'arte pirotecnica primeggiava, da un certo Schmidlap nel
1591. Seguirono altri compendi quali: il trattato dei fuochi di Hanzelet; gli
scritti di Ozanam; di Perinet D'Orval; del Padre D'Hincarville; del bolognese
Giuseppe Antonio Alberti (1749); di Claudio Fortunato 1819); di Di Maio F.
(pirotecnica moderna – 1891); di Domenico Antonj (trattato teorico pratico di
pirotecnia civile-1893); di Arduino Burello (la pirotecnica dei dilettanti-
1900); del colonnello Attilio Izzo (pirotecnica e fuochi artificiali – 1926);
T. De Francesco (fuochi artificiali – 1960).
Di più recente pubblicazione sono i testi di: Paolo Macchi (
fuochi pirotecnici ed artifici da segnalazione); Francesco Nicassio (fuochi
pirotecnici, l'arte e i segreti - ed.1999); Agatino Cinardi (fuochi pirotecnici
ed esplosivi da mina - ed.2006); Paolo Maria Urso (Guida Pirotecnica, In giro
per l'Italia tra fuochi e spettacoli pirotecnici ed. 2006).
L'epoca rinascimentale e barocca rappresentò anche per la
pirotecnica, oltre che nel campo culturale ed artistico, un periodo di grande
fermento ed interesse, tanto da poter parlare di "arte pirotecnica"
quale attività di realizzazione di fuochi e giochi d'artificio.
Matrimoni di personaggi celebri; arrivi nobiliari; feste
religiose in onore dei Santi; nomine papali e cardinalizie prevedevano
l'accensione di "macchine pirotecniche", quali strumenti di
propaganda e rappresentazione formale dello stile e del gusto dell'epoca , cui
si servivano i committenti per l'ammirazione e lo sbalordimento degli
spettatori.
Firenze, culla del rinascimento italiano,divenne la
capostipite dell'attività pirotecnica in Italia, seguita più tardi da Roma e
Bologna, città nelle quali si costituirono delle vere e proprie scuole che
diedero denominazione alla "batteria alla romana" ed alla
"batteria alla bolognese", tipologie queste che divennero di
riferimento anche per altre realtà.
Firenze, diede avvio alla consolidata e plurisecolare
tradizione pirotecnica italiana, con i festeggiamenti per la conquista del
Santo Sepolcro durante la prima crociata.
La tradizione voleva che il Sabato Santo si distribuisse il
"fuoco santo" alla popolazione, trasportando per le vie della città su
un tripode trainato, un cero, la cui fiamma era generata dalle scintille
prodotte dallo sfregamento delle schegge di pietra. Sulla sommità del carro,
dapprima trovò collocazione una persona alta, goffa, malvestita,che durante il
tragitto elargiva piccoli doni ai cittadini, denominata dai fiorentini il
"brindellone".
All'arrivo del carro nella piazza del battistero di San
Giovanni, dopo aver allontanato i buoi di traino dal carro, si dava inizio alle
accensioni delle guarnizioni piriche tramite la "colombina", un
piccolo razzo a forma di colomba. Col tempo l'esigenza di avere una struttura
più capiente e resistente alle forti deflagrazioni e scoppi, portò alla
realizzazione di un nuovo carro, ancora oggi utilizzato, che ha originato la
denominazione della manifestazione "scoppio del carro", la cui
accensione, se ben riuscita, era ed è tuttora considerata dalla popolazione
fiorentina di buon auspicio per tutto il corso dell'anno.
Roma fu contrassegnata da una significativa attività nei
"fuochi di gioia e di allegrezza", che trovò nel periodo barocco la
massima espressione. Tutto ciò in considerazione delle numerosissime occasioni
celebrative che si svolgevano, tanto sul versante civile, quanto su quello
religioso, quale sede papale. La diffusione delle macchine pirotecniche prese
avvio con le feste della "chinea", occasione nella quale i regnanti
spagnoli e napoletani consegnavano al Papa, nella basilica di san Pietro, il
tributo per il regno di Napoli.
Le macchine, concepite per essere distrutte, dovevano durare
diverse ore ed, allo stesso tempo, prevedere alcune trasformazioni
riconducibili alla realtà, al fine di suggestionare ed illudere gli spettatori.
L'importanza e la solennità della manifestazioni richiedevano una cura
particolare, tanto che i progetti delle macchine, venivano affidati alla
realizzazione degli artisti più in vista, tra cui: Pietro da Cortona; Carlo
Rainaldi, ed il Bernini.
La proliferazione dell'attività pirotecnica, in Roma, per la
sua specificità diede vita alla tipologia dei "fuochi alla romana"
con l'introduzione delle candele romane, involucri riempiti di polvere di
lancio e stelle, in grado di lanciare una serie di getti luminosi, simili alle
girandole.
Sempre a Roma nell'ottocento furono introdotti i
"fochetti", che venivano accompagnati da esecuzioni musicali,
prefigurando quella che poi diventerà l'esecuzione di spettacoli piromusicali.
Anche a Bologna i "fuochi di gioia" risalgono al
periodo rinascimentale. Molto significativa fu l'influenza dell'architetto
modenese Gaspare Vigarani (1586-1663) e del figlio Carlo (1625-1713) che,
successivamente,si trasferirono in Francia al servizio del re Luigi XIV presso
Versailles.
Un notevole contributo fu dato dai quattro fratelli
Ruggieri, anch'essi trasferiti in Francia alla corte di Luigi XV. Gaetano, il
maggiore dei fratelli, nacque a Bologna nel 1699, seguito da Pietro, da Antonio
e da Petronio che all'epoca del trasferimento in Francia aveva 15 anni.
Le novità apportate dai geniali fratelli bolognesi alla
pirotecnica furono diverse, dando vita al "gioco alla Bolognese",
denominazione e tipologia che prevedeva: l'introduzione di scenari trasparenti
colorati; l'utilizzo della chimica per ottenere razzi colorati; l'accensione in
sequenza dei pezzi pirici mediante collegamenti che non necessitavano di essere
accesi singolarmente; i passaggi di fuoco da un pezzo in giro ad uno fermo; le
colonne giranti e l'adattamento dei fuochi ai palloni aerostatici.
Anche con l'avvento dell'impero napoleonico, la famiglia
Ruggieri continuò a svolgere la prestigiosa attività pirotecnica alla cui guida
si avvicendarono i figli di Petronio, Michele e Claudio Fortunato. Quest'ultimo
fu autore di una pubblicazione "Elementi di Pirotecnica" edita nel
1802.
Memorabili furono i fuochi allestiti dai Ruggieri, per
l'arrivo di Napoleone, nel 1805, che resero splendente Bologna. L'abilità dei
fratelli, in particolare di Michele, fu talmente apprezzata, da essere ritenuto
il primo pirotecnico d'Europa.
La tradizione pirotecnica della famiglia Ruggieri si
consolidò ed è stata tramandata, tanto da essere ancora attiva.
Un'altro personaggio, trasferitosi a Bologna con il padre,
che si occupò di pirotecnica fu l'ingegnere Giuseppe Antonio Alberti
(17151768). Scrisse il "Trattato di fuochi d'artificio" pubblicato a
Venezia nel 1749, nel quale parla della grande tradizione pirotecnica della sua
città.
Bologna diede vita ,altresì, all'associazionismo, in quanto
nel 1731, si costituì la prima associazione di artificieri, denominata
"Pia Unione Santa Barbara".
Successivamente, nel 1863, ebbe avvio sulle ceneri della Pia
Unione, la "Società Pirotecnica italiana" che per statuto si
impegnava alla presentazione di uno spettacolo pubblico di fochi d'artificio,
che si teneva regolarmente l'8 di agosto, in occasione della cacciata degli
Austriaci avvenuta nello stesso giorno dell'anno 1848.
La società, inoltre, faceva celebrare ogni anno, il 4
Dicembre, una messa alla Patrona delle arti dei fuochi "Santa
Barbara", nell'altare in suo onore posto nella Basilica di San Petronio.
Le difficoltà economiche portarono allo scioglimento della
società nel 1889.
Le scoperte nel settore chimico apportarono e spianarono la
strada a nuove applicazioni pratiche, in particolare, per la colorazione dei
fuochi che ampliarono le varianti degli effetti luminosi, abbellendo le
scenografie sino ad allora realizzate. Anche l'introduzione del colore in
pirotecnia non ha una paternità certa, in quanto frutto delle numerose
sperimentazioni ed applicazioni effettuate dai diversi operatori del settore,
favorite dal forte interesse che assume la scienza chimica in tutto
l'ottocento. Al riguardo, molto importante fu la sperimentazione chimica di
Lavoisier, di Claude Louis Berthollet che studiò gli effetti del clorato di
potassio, denominato anche "sale del Berthollet". La ricerca si
sviluppò e perfezionò con la scoperta della nitroglicerina, ad opera di Ascanio
Sobriero nel 1847 e, più tardi, con la dinamite (nitroglicerina e farina
fossile) scoperta da Alfred Nobel nel 1866 che non trovò grande applicazione
nel settore pirotecnico, per la sua ridotta manipolazione, la eccessiva
deflagrazione, l'inutilità per le colorazioni, elementi questi che
condizionavano e limitavano l'attività degli addetti ai lavori.
Attualmente l'apprezzamento e la diffusione dell'arte
pirotecnica è assai ampia: giochi olimpici; campionati mondiali nelle
discipline sportive; eventi speciali, sono contrassegnati da spettacolari
esibizioni pirotecniche che aprono e concludono le stesse manifestazioni.
Tuttavia, i nuovi gusti e la proposizione di effetti sempre più suggestivi,
richiedono scenografie concepite per realizzare campi visivi molto ricchi e
vasti, tali da essere visti e goduti da platee di spettatori disseminati in
contesti ampi. Tutto ciò, se da un lato ha favorito e dato maggiore risalto ai
fuochi d'artificio (fuochi d'aria), quale momento di socializzazione e
partecipazione sociale, ha finito per soppiantare gli allestimenti di piazza,
caratteristici e tipizzanti i fuochi in uso fino al '900 (fuochi minori e
batterie). Ma, ad onore del vero, le ragioni vanno ricercate anche nelle mutate
esigenze sociali, tese a soddisfare migliori condizioni di sicurezza e ad una
maggiore sensibilità verso i luoghi urbani di interesse storico e monumentale.
Recentemente, una ripresa ed un nuovo interesse per i fuochi
minori viene favorito dall'affermarsi dello "spettacolo
piromusicale". ll mettere insieme due espressioni artistiche che si
integrano pienamente tra loro, dà luogo ad indescrivibili e piacevoli momenti
di intrattenimento, ovviando, in qualche misura, alla mancanza di una
componente fondamentale, quella del contesto architettonico, capace di offrire,
arricchire, stimolare le suggestioni ed emozioni che la magia dell'arte del
fuoco provoca.
La nuova tendenza artistica verso cui si dirige la
pirotecnica è stata favorita dai notevoli progressi nel campo dell'elettronica
e dell'informatica, in grado di offrire applicazioni che si prestano a
realizzazioni varie ed articolate, che la sola manualità degli operatori non
potrebbe assicurare.
Mi riferisco, in particolare, alla accensione tramite
inneschi elettronici che ha migliorato: la precisione dei tempi, la possibilità
di effettuare lanci simultanei di batterie da più postazioni, la facilità di
guarnire grandi strutture e singoli elementi e, non ultimo, il miglioramento
delle condizioni di sicurezza degli operatori, in grado di gestire lo
spettacolo da postazione sufficientemente adeguata rispetto ai manufatti,
diminuendo i rischi in caso di incidente.
Anche nell'intero comparto pirotecnico la tecnologia
meccanica e l'elettronica hanno trovato applicazione, migliorando e snellendo
alcune fasi dei processi produttivi, specie nella preparazione delle materie
prime e di alcune miscelazioni che, grazie a questi ausili, non abbisognano necessariamente
della manipolazione operata dall'addetto. Tutto ciò, però, non riduce l'opera e
l'attività del pirotecnico chiamato alla cura delle diverse fasi di costruzione
di un manufatto pirico, dalla composizione delle miscele, dal confezionamento, dall'allestimento,
per finire all'esecuzione, operazioni queste che vedono "il
pirotecnico", quale unico e vero artefice dell'arte pirotecnica.
Fonte:
Guida
Pirotecnica.
In giro per l'Italia tra fuochi e spettacoli pirotecnici
UPM Editore (Ceglie Messapica 2007)
In giro per l'Italia tra fuochi e spettacoli pirotecnici
UPM Editore (Ceglie Messapica 2007)
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